lunedì 20 settembre 2010

la sedia d'oro

“ Quando Baal-Shem doveva assolvere un qualche compito difficile, qualcosa di segreto per il bene delle creature, andava allora in un luogo nei boschi, accendeva un fuoco e diceva preghiere, assorto nella meditazione: e tutto si realizzava secondo il suo proposito. Quando una generazione dopo, il Maggid di Meseritz si ritrovava di fronte allo stesso compito, riandava in quel posto nel bosco, e diceva: non possiamo più fare il fuoco, ma possiamo dire le preghiere, e tutto andava secondo il suo desiderio. Ancora una generazione dopo, Rabbi Moshe Leib di Sassow doveva assolvere lo stesso compito. Anch’egli andava nel bosco, e diceva: non possiamo più accendere il fuoco e non conosciamo più le segrete meditazioni che vivificano le preghiere; ma conosciamo il posto nel bosco in cui tutto ciò accadeva, e questo deve bastare. E infatti ciò era sufficiente. Ma quando di nuovo, un’altra generazione dopo Rabbi Israel di Rizin doveva anch’egli affrontare lo stesso compito, se ne stava seduto in una sedia d’oro, nel suo castello, e diceva: non possiamo fare il fuoco, non possiamo dire le preghiere, e non conosciamo più il luogo nel bosco, ma di tutto questo possiamo raccontare la storia. E il suo racconto da solo aveva le stessa efficacia delle azioni degli altri tre.”
Racconto hassidico

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